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UNO STRANO PUNTO DI VISTA

2021-03-25 20:05

Sabrina Mills

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UNO STRANO PUNTO DI VISTA

Sono stanco di questa vita monotona e le uniche uscite consentite sono quelle per mettermi in riga assieme ad altri come me, marionette senza fili di uno stupid

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Sono stanco di questa vita monotona e le uniche uscite consentite sono quelle per mettermi in riga assieme ad altri come me, marionette senza fili di uno stupido gioco.

Da quanto sono al buio? Due, tre giorni, una settimana? Spero gli venga presto la voglia di giocare, sento la base tutta anchilosata e una passeggiata non mi farebbe male.

Ecco, ci siamo. Forse basta desiderare le cose per far sì che accadano.

Riconosco l’avversario, è quello che puzza di fumo. Quando gioca lui mi ritrovo sempre a tossire per giorni. Pazienza, mi auguro solo che non mi mettano su quella casa verso il centro, non voglio ritrovarmi a guardare mentre gli altri si spostano in tutte le direzioni. L’ultima volta è durata due ore.

Sfangata, questa mi piace molto, osserverò per un po’ e poi si vedrà. Se tutto va bene riuscirò ad arrivare alla fine del gioco, prima di tornare in quella scatola che odora di polvere e acero. E poi qui mi sento protetto, con questo cavallo dietro di me. Quando mi scavalca con un agile salto riesco ad ammirarne tutta la sua possanza, la fierezza, l’eleganza. Con la sua andatura riesce a confondere l’avversario, salta a destra, poi a sinistra, e in un attimo te lo ritrovi che ti guarda di sbieco. Non come quello stoccafisso impettito di… come si chiama? Ah, sì, l’alfiere. Con quella bocca larga sempre aperta se ne va in giro avanti e indietro in diagonale e colpisce da lontano. Vigliacco. E codardo, sempre a nascondersi dietro noi pedoni, come fossimo carne da macello. Eppure siamo importanti, siamo noi ad aprire la partita e siamo noi quelli capaci di ridare vita alla nostra regina, quando cade preda del nemico.

Il primo di noi è già stato catturato, sacrificato in nome della vittoria. Un altro sta lì che guarda minaccioso il moro, a sua volta controllato da lontano. Temo sia arrivato il suo momento. L’uomo dall’alito caldo di brandy stringe tra due dita l’alfiere e, veloce come un lampo, lo sostituisce al mio compagno, prima di metterlo fuori dal campo di gioco.

Tra fumo che aleggia in sospensione sulla scacchiera ed effluvi alcolici, altri pezzi subiscono la stessa sorte in un alternarsi di mosse; cavalli, torri, pedoni. Io stoicamente riesco a procedere lungo la mia strada, casa dopo casa. La sfida è sull’altro lato, con il re nemico minacciato da torre e cavallo. La mia regina guarda impotente dal lato della scacchiera, attorniata da fidi compagni e dai due alfieri, incapaci di averla saputa difendere. Il nervosismo dell’avversario è palpabile e visibile nell’incertezza delle sue mosse, nel respiro veloce e pregno di nicotina. Avanzo ancora e un altro pezzo amico cade vittima dell’antagonista.

Ormai siamo rimasti in pochi a difendere il proprio re: una manciata di pezzi sparsi senza ordine in un assedio che vedrà solo un vincitore.

Con una mossa improvvista il mio re finisce sotto scacco dell’altra torre. Attaccare senza regina rende tutto più difficile e il vantaggio si perde in un attimo, costretti a una difesa improvvisata. Le mosse sono meno frenetiche, ragionate. Rimaniamo immobili, silenziosi attori di pensieri veloci, in attesa di essere spostati verso la gloria o il sacrificio.

Rinvigorito dalla nuova verve dell’attacco, l’avversario sottovaluta il mio procedere lento ma costante: sono sull’ultima casa, pronto a dare la vita per la mia regina e, se tutto va bene, essere riposto vittorioso nella scatola d’acero.

Speriamo non passi troppo tempo, prima della prossima partita.

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